martedì 27 maggio 2014

Ten Years Gone



Dieci anni fa, il 27 maggio 2004, ci lasciava il Dottore Umberto Agnelli. Un personaggio talmente grande, grande abbastanza da godere di luce propria, senza bisogno di ricordare in questa sede chi fosse suo fratello, che per ricordarlo di parole mie non ne riesco ad usare. lascio invece ad alcune pagine scritto da uno dei più grandi dirigenti della Juventus, scelto da Umberto stesso, e alle note dei Led Zeppelin, celebrare la memoria di questo indimenticabile Signore:

Ma ho sempre in testa anche la voce del Dottor Umberto. "Comandante, allora chi compriamo?" Comandante, mi chiamava comandante. Ma il comandante vero era lui. Non ho mai lavorato con una persona così, con le sue capacità manageriali e organizzative, la sua intelligenza. Ha introdotto un sistema nuovo di lavorare, anche nei minimi dettagli la Juventus era organizzata come una vera e propria azienda. Ogni mese io e Giraudo andavamo all'Ifil dove con una lavagna luminosa dovevamo illustrare la situazione finanziaria, spiegare tutto il lavoro fatto negli ultimi trenta giorni e le prospettive per i successivi trenta, guardando sempre al budget e agli obiettivi prefissati. Raramente siamo andati fuori dai binari, per dodici anni la Juventus ha funzionato come un orologio svizzero e il merito è tutto di Umberto. Era un piacere e una bellezza, per uno come me abituato a lavorare con società sempre al limite e sempre piene di problemi è stata un'autentica sorpresa. Umberto voleva sempre essere  il primo in tutto, questa carica e questa volontà l'ha trasmessa anche a me. A noi tutti. Era una grande squadra, dall'ultima segretaria al primo dirigente.
"Tutto bene comandante?" mi domandava ogni volta. Tutto benissimo. E non aveva neanche la voglia di apparire o dimostrare. Non ne aveva bisogno. Non gli interessava. Dicono che fosse geloso dell'Avvocato, che tra i due fratelli ci fosse il gelo. Balle. Erano semplicemente diversi e si integravano. Umberto sapeva benissimo che il carattere estroverso dell'Avvocato, le sue battute, le sue presenze da primo tifoso erano soltanto un aiuto all'immagine della Juventus. Non c'era concorrenza: uno era il Grande Tecnico, l'altro il Grande Comunicatore.
"Comandante chi si compra" mi chiedeva un giorno. Poi, pensando ai bilanci, mi richiamava un istante dopo per aggiungere: "Comandante, ma poi chi si vende?" Nella primavera del 2004 dovevamo scegliere un nuovo allenatore per sostituire Lippi che aveva deciso di fermarsi per un po'. Avevamo parlato con Prandelli e Deschamps, stavamo riflettendo. Una sera mi chiama Tosatti e mi dice secco: "Si sta liberando dalla Roma, se vuoi puoi prendere Capello". Avverto Giraudo e insieme chiamiamo Umberto che replica: "Faccia lei, comandante. Quello che fa lei va sempre benissimo".
Abbiamo fatto. Era la tarda sera di un giorno maledetto. Eravamo appena saliti in macchina con il contratto dell'allenatore in tasca, tornavamo da Milano a Torino vittoriosi, quando dico a Giraudo: "Chiamiamo il Dottore, sarà contento". lui guarda l'orologio: "Sono quasi le dieci, starà dormendo. Diciamoglielo domattina".
Pochi chilometri, una manciata di minuti e il telefonino di Giraudo suona a martello. Il Dottore, anche lui, era morto. D'improvviso mi sono sentito più solo. Senza ombrello, senza una luce. Prima l'Avvocato, poi il Dottore: la Juve non sarebbe stata mai più la stessa.Ma anche noi. Per un'ora io e Giraudo non abbiamo più parlato. Siamo andati direttamente a casa di Umberto, alla mandria. In volto ava ancora quell'espressione serena che ci ha accompagnati per dieci anni. Oggi non sarebbe più così, negli occhi avrebbe sicuramente più durezza, ma dentro la stessa volontà di andare fino in fondo. E resistere. Seguirò ancora una volta i suoi consigli: resisterò.

Luciano Moggi, Un calcio nel cuore , 2007



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